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L'architettura non è un Martini Cocktail . . .

archmartini


Prendo spunto per il titolo del post dalla copertina del libro di Giovanni Longobardi edito da Mancosu, questo testo raccoglie tutti gli aforismi dei maestri dell’architettura moderna tra i quali, appunto:
“L’architettura non è un Martini Cocktail”
(Ludwig Mies van der Rohe, 1964)
Lo scopo di questo mio pensiero è quello di generare una riflessione sul significato della figura dell’architetto; spesso l’architetto è considerato come quel professionista in grado di fornire dei consigli di stile; riviste di arredamento e programmi televisivi ci hanno abituato a vedere l’architetto come colui che è in grado di abbinare il colore delle tende al divano di design di ultimo grido ma purtroppo non è così (anche se senza alcun dubbio l’architetto è dotato di buon gusto).
Probabilmente peccherò di presunzione ma io considero l’architetto come una figura con una grande responsabilità nei confronti della società, per me l’architettura è quella disciplina che permette all’uomo di intervenire nell’ambiente in cui vive e di trasformalo secondo i propri bisogni,  l’architettura è la testimonianza concreta ed indelebile della società. Quando si visitano luoghi nuovi non si manca mai di visitarne le aree archeologiche e, grazie a questi siti, siamo in grado di comprendere il passato delle civiltà preesistenti, questo perché i luoghi, e il modo in cui sono stati trasformati e generati dall’uomo, raccontano la storia di chi li ha abitati. Tutto questo è valido soprattutto nell’epoca attuale, probabilmente gli antichi non ne avevano conoscenza e costruivano solo per rispondere a delle esigenze pratiche ma oggi noi abbiamo acquisito questa consapevolezza; quindi quando un architetto si confronta con un nuovo progetto non deve rispettare solo i vincoli dettati da altezze, superfici e volumi ma deve soprattutto comprendere il contesto e comprendere come integrare il proprio progetto con questo, ed è proprio questo processo che distingue l’edilizia dall’architettura.
È sempre esistito un confronto/contrasto tra architetti e ingegneri e trovo che sia una visione miope considerare l’architetto come un ingegnere in grado di effettuare migliori scelte “estetiche”, io le considero due figure essenziali e completamente diverse che trattano temi comuni e che si completano l’una con l’altra nelle diverse discipline.
Per me un progettista deve avere la consapevolezza che ogni suo intervento resterà a imperitura memoria sia positivamente che negativamente e racconterà la società contemporanea al suo progetto e, visto che il post si è aperto con un aforisma, cito un altro maestro del passato che aveva ben compreso tutto ciò:
“Il medico può seppellire i propri errori, ma un architetto può soltanto suggerire ai propri clienti di piantare dei rampicanti.”
(Frank Lloyd Wright)
i miei pensieri :